venerdì 29 ottobre 2010

they called me SebastianE


Da secoli me ne sto lì trafitto e sanguinolento, con lo sguardo astioso verso chi si prostra e dice preghiere. Il martirio…. È un’estasi che dura un istante e una sofferenza che non ha tempo, che si perpetra ogni giorno in ogni dove.
Ho una messe di estimatori che non sono devoti, a loro piace il mio essere giovane e languente alla colonna, trafitto da plurime frecce, nudo.
Si riconoscono tra di loro, mi fissano con quello sguardo voglioso e turpe che rinvigorisce il mio odio, mi ricordano quegli arcieri rozzi, ubriachi e puzzolenti che un tempo lontano mi presero a bersaglio.
Eccone uno che mi guarda e vede in me qualcosa che lo eccita… fisso nella mia immobilità, proietto un calcione in faccia a questo bastardo, che inizia a toccarsi. E laggiù ce n'è un altro che lo spia da dietro una colonna, ora avanza e lo avvicina. Lo fissa con le labbra umide e lo sguardo da femmina in calore. Il confessionale li chiama, si, questo luogo che diventa un sicuro rifugio dal pudore altrui. Ma i miei occhi vedono, sono aperti da sempre. Vedo il membro dell’uno penetrare la bocca dell’altro, e con la mano premere sul cranio tirandolo a sé fino a renderlo paonazzo per non poter respirare. Poi quella gioia oscena ostentata sul volto del miserabile penitente inginocchiato ai suoi piedi…
Dall’alto della mia santità maledico voi miseri umani che cercate questi falsi martirii, voi che cercate il piacere nella sofferenza, vostra e altrui.

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