venerdì 29 ottobre 2010

they called me SebastianE


Da secoli me ne sto lì trafitto e sanguinolento, con lo sguardo astioso verso chi si prostra e dice preghiere. Il martirio…. È un’estasi che dura un istante e una sofferenza che non ha tempo, che si perpetra ogni giorno in ogni dove.
Ho una messe di estimatori che non sono devoti, a loro piace il mio essere giovane e languente alla colonna, trafitto da plurime frecce, nudo.
Si riconoscono tra di loro, mi fissano con quello sguardo voglioso e turpe che rinvigorisce il mio odio, mi ricordano quegli arcieri rozzi, ubriachi e puzzolenti che un tempo lontano mi presero a bersaglio.
Eccone uno che mi guarda e vede in me qualcosa che lo eccita… fisso nella mia immobilità, proietto un calcione in faccia a questo bastardo, che inizia a toccarsi. E laggiù ce n'è un altro che lo spia da dietro una colonna, ora avanza e lo avvicina. Lo fissa con le labbra umide e lo sguardo da femmina in calore. Il confessionale li chiama, si, questo luogo che diventa un sicuro rifugio dal pudore altrui. Ma i miei occhi vedono, sono aperti da sempre. Vedo il membro dell’uno penetrare la bocca dell’altro, e con la mano premere sul cranio tirandolo a sé fino a renderlo paonazzo per non poter respirare. Poi quella gioia oscena ostentata sul volto del miserabile penitente inginocchiato ai suoi piedi…
Dall’alto della mia santità maledico voi miseri umani che cercate questi falsi martirii, voi che cercate il piacere nella sofferenza, vostra e altrui.

sabato 3 aprile 2010

il troll e la molla


Un vecchio col ciuffo bianco.
Ricordavo un giovane col ciuffo castano sempre davanti agli occhi, che picchiava come un forsennato lamine ferrose e mattoni bucati, che trapanava molle appese.
Che sia lui? Sembra il barbone della stazione. E’ proprio lui. Il fumo finto invade quel piccolo posto nero, lui lascia la birra e sale scalzo sul palco. Ha il viso butterato, la pelle sembra cotta; gli occhi sono due cristalli di ghiaccio. Prende una mazzetta con la testa di gomma, stringe con la destra l’enorme molla che penzola davanti a lui e “WOOOUUU”, il primo colpo. Il suono implode come se l’onda sonora invece di propagarsi venisse risucchiata per poi essere rigettata come uscisse dalle viscere della terra. Un suono primordiale e profondo. Lui è a un metro da me, lo guardo in faccia, la bellezza della sua espressione mi cattura. La sua è un’estasi pungente e limpida. Una mano ruvida stringe la mazza e le dita dell’altra tangono la molla, come fosse la tastiera di un piano. E si sente. I piedi si muovono come quelli di una scimmia: arriccia le lunghe dita, poi le posa delicatamente sul misero palco. Poi passa alla lamina di metallo, prima la sfiora col trapano senza mai traforarla, poi vi posa i mattoni bucati che infrange con un tubo di ferro. Le schegge volano e invadono la scena. Rotola le nude braccia tra i cocci, sollevandoli, sbattendoli, facendoli suonare. Di nuovo sulla molla, camminando e stando sui cocci, niente tagli, niente sangue, appoggia prima le estremità delle dita, le spinge in avanti, crea uno spazio pulito e poi posa con estrema grazia il resto della pianta del piede, come se gli fosse naturale muoversi così.
Alla fine si avvicina, sorride alla curiosità che ci ha portato a spiare i suoi segreti e ci regala quel cavo che dalla molla veicolava il suono all’amplificatore….
Il poeta dell’officina, questo doveva essere secoli fa….
(fm enheit, bologna, 28 febbraio 2010)

il ricercar silenzioso


Il silenzio è il momento più bello della giornata, arriva col buio quando la mia vita smette di domandare attenzione. In quel momento tutt’un’orchestra di sensazioni si mette a suonare nella mia testa, e tutto è colorato e vivace. Mi sembra di essere un aquilone, e mi lascio trasportare dal vento delle immagini su paesaggi veri o di mia invenzione. Ecco che torna dal passato un momento felice e allora sorrido, vedo il tuo volto adorato e sento la tua voce che mi racconta storie inverosimili e meravigliose.
E il silenzio mi prende come un mare, mi lambisce e mi blandisce. Mi avvolge e mi penetra, e le mie labbra si rifiutano di schiudersi per proferire alcunché. Paralisi della comunicazione verbale che fa uscire urla dai miei occhi che aggrediscono il tuo volto. Ho bisogno del tuo silenzio, sei sempre così prolisso, e molesto con l’infinita gamma di suoni che ti piace produrre….
Il silenzio mi protegge da tutto quello che non voglio sapere, è un fantastico palazzo dei sogni in cui non esiste lei, in cui esisti tu solo a tratti, in cui io sono la regina e la parola scritta la mia ancella. E come risuonano bene in questo palazzo le voci che la memoria fa cantare! Posso così ascoltare di una canzone solo il cantato, posso riascoltare le cose belle che mi hai detto, oppure quelle tremende. Posso ascoltare il vento tra gli alberi o la campana della cattedrale, con quel suo suono così cupo che contrasta col rumore scrosciante delle onde che investono gli scogli. Posso ascoltarmi dirti a piena voce “ti amo”, senza doverti ascoltar dire che sono tutte stronzate.
L’orma del mio scarpone impressa nel silenzio bianco e denso che la neve stende, si allontana dalla tua dimora e me ne vado nella notte luminosa ascoltando la luce delle stelle. Le sinfonie siderali di questa notte bianca risuonano nel mio corpo cavo e vuoto che muove incessantemente verso il suo porto. Il camposanto opalescente stende scenografici sarcofagi davanti alla mia silhouette trasparente, e il tuo silenzio mi accompagna nella tomba. È l’ora del risveglio da questo sogno che vivo ogni notte da tanto tempo. In silenzio vengo da te, visito la tua divertita vita da uomo vero e accarezzo il tuo corpo caldo e forte e mentre dormi ascolto il tuo respiro, innocente come quello di un bimbo.
Dove vivo la mia morte, non c’è bisogno di parole. Vago silente tra le vite rumorose vedendo la sofferenza uccidere l’anima bella e rinvigorire il cancro umano. Vengo da te quando dormi, so ch’è’l solo istante in cui mi senti e in cui ti senti libero. Brutta prigione il tuo essere eccellente uomo! Sempre a rispondere a te stesso, il più severo dei giudici….
Io non sono, son io che passo attraverso te e divento ogni grammo di tuo silenzio.

lunedì 7 dicembre 2009

la ragnatela














Ho sempre immaginato l’inchiostro come il filo di una ragnatela e il pennino come il ragno; la mia fantasia ha partorito mostri, storie di follia e disperazione, violenza e martirio, ma ora le macchie d’inchiostro nel mio cervello non riescono ad organizzarsi in alcunché.
Queste storie mi mangiano come un tumore, hanno una vita propria e si sono stanziate nella mia mente.
A lungo mi sono preso per una creatura di un mondo parallelo caduto per sbaglio qui, una specie di freak che vedeva, sentiva, capiva cose che agli altri erano trasparenti o impercettibili.
Che sia una sorta di inviato mandato in esplorazione in un mondo di ottusangoli per conto di un’intelligenza superiore? Questa è una grossa macchia d’inchiostro nel mio cervello, di quelle che invadono a poco a poco tutti i miei tessuti.
Mi nutro delle vite altrui, dei personaggi della mia fantasia e delle persone che incontro: le studio in modo minuzioso come fossero tante cavie. Seguo i loro percorsi e i loro umori. A volte non si accorgono di me, sono invisibile. Tento di costruire una rete impercettibile in cui talvolta inciampano e lasciano traccia del loro passaggio.
Piccoli insetti insensati…

sabato 24 ottobre 2009

haircut


















La precisa e leggera pressione delle sue dita sulla mia testa ha il sapore di vaniglia e le traiettorie disegnate sono simmetriche ed eleganti. Un viatico per una dimensione dall’opalescenza boreale.

martedì 20 ottobre 2009

voices












s’odono voci di timpani
sussurrate, ovattate,
risucchiate e compresse.
nude voci, mute e vane.
le lor’ombre fluorescenti,
lunghe tuniche ondeggianti,
muovono leste nella foresta avita.
il mormorio sommesso pervade l’aere
e scende nel ventre della terra umida.
le foglie frusciano alla brezza notturna
e urla’l dolore al dolore

lunedì 19 ottobre 2009

la femme bleue















LA FEMME BLEUE
La faim des êtres humaines me glisse sur la peau
Le chagrin d’un amour deçu perce mon âme et
Comme un trou noir envahit mon cerveau et le mange
Le crâne étincelle sur le gazon liquide et vert
Les yeux arrachés et crachés dans la boue
Jurent leur rage à l’infini
Les nerfs brûlés par la tension
Sèchent comme la paille au soleil
Morceaux de coeur gisent
Dans une flaque d’eau putride
Où d’énormes insectes déposent leurs oeufs
Infectés de maladies exotiques
La main droite enfoncée dans la terre nue et
Les ongles arrachées par la violence qui
Engraissent ce coin de monde
Appellent des vautours comme les sirènes d’antan
Seulement l’ouïe se sauve
Mes oreilles sont vivantes
Et volent sans chaînes dans l’obscurité infinie
Écoutant ces voix qui touchent mon âme
Et rêvant larmes de sang de mon coeur pourri

DONNA BLU
La fame degli esseri umani scivola sulla mia pelle
Il tormento di un amore deluso perfora la mia anima
Come un buco nero invade il mio cervello e lo mangia
Il cranio scintilla sul manto erboso liquido e verde
Gli occhi strappati e sputati nel fango
Urlano la loro rabbia all’infinito
I nervi bruciati dalla tensione
Seccano come paglia al sole
Brandelli di cuore giacciono
In una pozza d’acqua putrida
Dove enormi insetti depongono le loro uova
Infette di malattie esotiche
La mano destra piantata nella nuda terra e
Le unghie strappate dalla violenza che
Ingrassano quest’angolo di mondo
Richiamano avvoltoi come le sirene di un tempo
Solo l’udito si salva
Le mie orecchie vivono
E volano senza catene nell’oscurità infinita
Ascoltano voci che commuovono la mia anima
E sognano lacrime di sangue dal mio cuore marcio